8 marzo: Le donne e i viaggi nella storia. 1 Parte
(di Fabio Martorano)
“Qualsiasi cosa facciano le donne, devono essere almeno 2 volte più brave di un uomo per essere considerate brave quanto lui. Per fortuna questo non è difficile” (Charlotte Whritton)
I viaggi, simbolo di libertà e intraprendenza, sono stati per secoli attività preminenti dell’uomo. La donna ha avuto un ruolo opposto: di relegazione e subordinazione alle scelte maschili. Mai poté decidere liberamente della propria vita.
All’insegna dell’obbedienza e della prevaricazione maschile
Già partendo dal Medioevo si può documentare quanto la donna fosse considerata inferiore all’uomo. Per questo veniva confinata in casa e relegata ai lavori più umili. Impossibilitata a scegliere secondo la propria volontà, la sua vita fu dettata da un continuo stato di obbedienza, di sottomissione e di emarginazione. Per uscire di casa doveva avere il consenso dell’uomo: del padre prima, dei fratelli maggiori poi e infine quello del marito. L’immagine della donna viaggiatrice si è racchiusa per secoli in un sogno. A lei venivano consentiti infatti solo piccoli e brevi spostamenti che andavano da un luogo chiuso a un altro: dalla casa alla chiesa, oppure alla fontana, al negozio, al mercato. E per strada doveva tenere un contegno serio e riservato. Occhi bassi, passo veloce e il percorso doveva essere più diretto possibile.
Una vita di stenti fin dalla nascita e sempre … a mezza paga
Da piccola aiutava in casa: se di famiglia ricca imparava a tessere e a filare, a tagliare e a cucire vestiti, a cucinare. Se povera doveva lavorare duramente in casa e nei campi. Si sposava molto presto, tra i 15 e i 18 anni. In genere non era lei che sceglieva lo sposo e spesso le veniva imposto pure un uomo molto più anziano di lei (tra i 27 e i 45 anni). Nei primi 20 anni di matrimonio partoriva da 8 a 15 figli. Quasi sempre li allattava. Tra un parto e l’altro passavano circa 21 mesi. Molte morivano di parto. La condizione della donna, già dura di per sé, peggiorava se rimaneva poi vedova. Allora era costretta a cercarsi un lavoro. Il suo salario, di regola, valeva la metà di quello di un uomo, nonostante le ore di lavoro fossero maggiori. A volte lavorava fino a tarda sera o per tutta la notte. E quando rientrava a casa, doveva evitare l’attenzione e gli sguardi indiscreti della gente, per non venire circondata da sospetti e critiche e non essere giudicata immorale.
Nel 1700 i primi viaggi di donne (1)
Ci furono però anche donne che seppero tenere testa agli uomini, altre che seppero amministrare regni, castelli e grandi tenute. Altre ancora furono protagoniste della storia. Ma è innegabile che la maggior parte di esse subì una subordinazione tale da vedersi negato qualsiasi diritto di libertà. Tanto meno di mobilità. Le uniche sporadiche notizie di donne in viaggio, per conto proprio, furono dettate da motivi religiosi, (pellegrinaggi, vocazioni ecc…), oppure da necessità di lavoro in luoghi lontani (accudire persone malate, serve nelle botteghe, educatrici in case di signori). Vi sono anche documenti riferiti a donne benestanti nel ruolo di accompagnatrici dei mariti o dei propri padri in viaggio. Ma, in primis, ci furono le regine e le dame di corte. Costoro poterono viaggiare di città in città con scorte proprie e con pernottamenti programmati in locande, stazioni di posta e centri abitati, sul modello del viaggio itinerante moderno organizzato. Le regole sociali di allora impedivano alla donna parecchi atteggiamenti o posizioni. Ad esempio non era vista molto bene la donna quando sedeva in sella al cavallo. Era giudicata una posizione inadeguata, altezzosa, provocante. Sconveniente anche il viaggio a piedi, ritenuto poco adatto alla sua figura fisica e poco resitente al cammino. Meglio il viaggio in carrozza o sul carro, possibilmente nascosta dalla vista di malintenzionati. Rarissimamente la donna viaggiò per diletto o per interesse proprio. Almeno non prima del 1700 in Inghilterra, o del 1800 in Germania. In Italia, molto più tardi ancora. Per intenderci: solo a seguito dell’ultimo dopoguerra.
Poche le figure femminili indipendenti dal’uomo
Le donne ricche e privilegiate, come Cristina di Svezia – M. Luigia di Parma (sposa di Napoleone I e figlia di M. Teresa d’Austria) – Anna Amalia di Weimar-Eisenach, oppure dame di corte (Louise von Göchhausen, Marianne Kraus) poterono compiere viaggi memorabili. Pochi i trattati scritti dalle donne sui loro viaggi. Per essere commerciabile un manoscritto, l’autrice doveva ingegnarsi a trovare delle “giustificazioni” che motivassero il suo viaggio (ad esempio assistere un parente lontano o malato, madri morenti, figli in pericolo, ricerca di persone scomparse…). Le più fortunate potevano avvalersi di un incarico su commissione, come dipingere paesaggi, ritrarre personaggi ecc….. Ma ci furono anche donne antisociali, donne ribelli, donne capaci di oltrepassare i limiti imposti al loro sesso. Alcune sposarono degli stranieri (è il caso di Ester Pozzi), altre trovarono nel viaggio la forza di divorziare dai loro mariti (Elisa der Recke, Charlotte von Ahlefeldt). Ci fu anche chi preferì il nubilato pur di viaggiare (Maria Schuber).
Cosa nella valigia?
Oltre ai vestiari e alla biancheria molti gli oggetti per la toilette (specchio, spazzola, pettine di tartaruga, portacipria, profumi, saponiera, spazzolino da denti); poi strumenti per scrivere o pitturare; quasi sempre un servizio da tavola visto che i luoghi di accoglienza non erano poi così adeguati e puliti. Ma c’era anche chi utilizzava la sosta libera: M. Luigia di Parma ad esempio, aveva una “camera da campo” smontabile (nella foto) e trasportabile a dorso di mulo. Per alcune donne ci fu solo un viaggio in tutta la loro vita. Per la maggior parte però il viaggio rimase un sogno.
Donne coraggiose, donne schiave, donne forti, donne fragili. Tante storie di vita, tanti volti, tanti destini diversi. In ognuna rimase forse segreta l’aspirazione di intraprendenza, libertà e desiderio di conoscere e scoprire un mondo fatto più a misura di donna.
[1] Foto e personaggi citati vedi:
– “Storia del Tirolo” di J. Noessing e H. Noflatscher Ed. Athesia 1986.
-“Attraverso le Alpi” – Museo Provinciale di Castel Tirolo – Ripartizione alla Cultura. Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige.